Ancora durante la pandemia di Covid-19, da più di un anno si è evidenziata una sindrome le cui peculiarità sono un corredo di sintomi nei pazienti che  si sono ammalati contraendo questa infezione virale.

La motivazione di questo gruppo di sintomi è quasi sicuramente multifattoriale, ipotizzando risposte immunitarie alterate oppure eccessive, infiammazioni cardiopolmonari oppure sistemiche, o flogosi vascolare accompagnata da turbe della coagulazione. Si può pensare anche a un danno dovuto alla replicazione del virus durante la fase acuta della malattia.

Le ricerche in merito a questa problematica si svolgono in tutto il mondo e siamo solamente alla fase iniziale. Infatti questa cosiddetta sindrome post Covid-19 non è ancora inquadrabile nosologicamente  e non è ancora ben compresa.

Essa fa riferimento a quei pazienti nei quali persistono oppure si presentano ex novo alcuni sintomi che esulano dalla prima infezione ma dei quali non conosciamo ancora le motivazioni e neppure la loro durata.

Questi segnali molte volte sono totalmente aspecifici presentandosi con una tosse persistente, mialgie cioè dolori muscolari, sindrome da stanchezza cronica, disturbi importanti del sonno e del tono dell’umore, febbricola solitamente serale.

Gli studi effettuati descrivono anche una serie di sintomi che possono fare riferimento a sistemi specifici: difficoltà cognitive come obnubilamento mentale accompagnato turbe della memoria e della capacità di concentrazione, diminuzione o perdita dell’olfatto, tachicardia anche per sforzi di piccola entità, nausea accompagnata da problemi gastrointestinali soprattutto dissenteria.

Queste spie sono presenti in moltissimi pazienti malgrado la negativizzazione dei test e quindi la completa guarigione dal Covid-19. Si è infatti notato che questa sindrome colpisce anche pazienti che nel corso della malattia avevano sviluppato sintomi molto lievi.

Volendo stilare una classifica il sintomo più frequente ed invalidante  è sicuramente la persistenza della stanchezza unita a un affaticamento non proporzionale al movimento/sforzo che viene eseguito. Una delle ipotesi più accreditate imputerebbe questa stanchezza alla diminuita capacità polmonare nell’ossigenare i tessuti mentre la fatica secondo alcuni studi potrebbe dipendere da una perdita di massa muscolare soprattutto nei pazienti che sono stati allettati per lungo tempo durante la malattia. La durata è variabile e per quanto sappiamo a tutt’oggi possiamo parlare di poche settimane oppure addirittura di mesi.

Non possiamo al momento attuale avere un numero certo di pazienti colpiti da questa sindrome ma uno studio effettuato sulla popolazione svizzera afferma che circa il 25% di coloro che hanno contratto il Covid-19 presenti successivamente questa sintomatologia dopo l’avvenuta guarigione.

Anche in questo caso clinico troviamo un grandissimo beneficio utilizzando l’ossigeno-ozonoterapia che viene praticata per via endovenosa prelevando una determinata quantità di sangue del paziente che poi viene unita alla miscela di ossigeno e ozono e immediatamente reinfusa in circolo. Come già scritto e descritto in altri articoli di questo blog otteniamo un forte miglioramento della circolazione grazie all’aumento della quantità di ossigeno circolante, unito a un notevole miglioramento sia del macrocircolo che del microcircolo ottenendo quindi il grande vantaggio di accelerare il processo di riabilitazione di questa sindrome post covid che è in continuo aumento.

Ogni seduta dura all’incirca 15 o 20 minuti e come linee guida si prevedono due trattamenti settimanali per un periodo di circa 4/6 settimane monitorando la saturazione periferica e in alcuni casi anche la quantità di radicali liberi e il potenziale antiossidante del paziente.

Come in tutti i trattamenti di ossigeno-ozonoterapia le controindicazioni sono rappresentate dal favismo, da un ipertiroidismo non ancora farmacologicamente controllato ed in ultimo l’epilessia, per la quale è possibile invece della grande autoemoterapia praticare le insufflazioni rettali.

I risultati ottenuti fino a oggi sono veramente confortanti ed inducono a proseguire con questa terapia in considerazione dell’alto numero di persone venute a contatto con il covid.