Dall’Università di Firenze uno studio internazionale ipotizza che la sindrome da fatica cronica sia la conseguenza dell’esposizione ai metalli pesanti e nello specifico al cadmio.

Il gruppo di ricerca della Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze guidato dai Prof. Gulisano e Ruggiero, ha recentemente pubblicato un articolo scientifico sulla prestigiosa rivista Medical Hypotheses dove si ipotizza per la prima volta una relazione tra esposizione al Cadmio, metallo pesante, e Sindrome da fatica cronica (definita anche Encefalomielite mialgica).

Questa sindrome neurologica invalidante colpisce milioni di persone nel mondo e si calcola che in Italia i malati siano nell’ordine delle centinaia di migliaia anche se purtroppo in molti di loro la malattia non è correttamente  diagnosticata. Infatti la diagnosi risulta incerta, lunga e complessa e spesso i malati  sono costretti a subire esami diagnostici per mesi e mesi prima di arrivare alla diagnosi. Come per molte malattie neurodegenerative, le cause non sono note e la terapia, spesso soltanto palliativa, ha scarsi risultati. 

Il gruppo di ricerca fiorentino, nell’articolo pubblicato, ipotizza per la prima volta un legame tra la malattia ed esposizione al cadmio.

Il cadmio è un metallo pesante cancerogeno molto diffuso nei paesi industrializzati, che si produce nell’inquinamento urbano, nell’incenerimento dei rifiuti, nell’elettronica da consumo (batterie al cadmio), nei processi industriali, nell’edilizia e nel fumo di tabacco. 

I ricercatori fiorentini, dopo aver dimostrato i danni indotti dal cadmio sui neuroni umani, hanno messo a punto una tecnica ecografica semplice e priva di rischi che permette di studiare la corteccia cerebrale senza l’uso di radiazioni, in modo da evidenziare fenomeni di infiammazione o di danno cerebrale nei pazienti affetti da Sindrome da fatica cronica e nei soggetti esposti al metallo pesante.

In questa maniera, sarà possibile diagnosticare precocemente i danni neurotossici conseguenti all’esposizione al cadmio (ad esempio nei fumatori o nelle persone che vivono in prossimità di aree inquinate, di impianti industriali o inceneritori) e individuare i sintomi della Sindrome da fatica cronica in modo da intervenire il prima possibile. Sarà anche possibile monitorare la malattia e la risposta alle diverse terapie in via di sperimentazione nel mondo, con l’auspicio di poter osservare una reversione del danno cerebrale.

Il prestigio internazionale della rivista dove i ricercatori fiorentini hanno pubblicato questo studio all’avanguardia è testimoniato dalla presenza nel comitato editoriale dei Premi Nobel Arvid Carlsson, John Eccles, Frank Macfarlane Burnet e Linus Pauling, e del pioniere della filosofia della scienza, Sir Karl Popper.

L’articolo, con le immagini relative, è reperibile online sul sito della rivista Medical Hypotheses ed è inoltre stato immediatamente inserito nel database della National Library of Medicine (NIH) del Governo degli Stati Uniti d’America.

Personalmente esercito la ricerca dei metalli pesanti nelle urine (ne ricerco 20, anche quelli radioattivi ) e tra questi il cadmio è pressoché sempre presente, purtroppo. Fortunatamente la terapia chelante ci viene in soccorso.