Prima di parlare del rischio chetogenetico dobbiamo dare una definizione di che cos’è la chetogenesi.

Stiamo parlando un logico processo metabolico biochimico che avviene nel nostro organismo e ci porta a consumare le nostre riserve lipidiche quando a causa di differenti motivi non arrivano zuccheri attraverso l’alimentazione.

Se interrompiamo l’assunzione dei carboidrati, cioè gli zuccheri, vengono attivati dei processi metabolici (che abbiamo già discusso nei precedenti articoli) e che terminano con la produzione dei cosiddetti corpi chetonici.

In condizioni normali il carburante che utilizziamo è immagazzinato sotto forma di glicogeno.

Metaforicamente parlando il glicogeno è come un lunghissimo treno dove ogni vagone è una singola molecola di glucosio.

Durante il digiuno, soprattutto esclusivamente idrico, come già detto negli altri articoli, il nostro organismo attiva questo processo chiamato chetogenesi per ricavare zucchero a partire dai grassi per poter produrre energia.

Il rischio chetogenetico

  • Gli ormoni controinsulari ( adrenalina, somatotropo, cortisolo ) aumentano in:
  1. Stress acuto
  2. Infezioni acute
  3. Necrosi parenchimali
  4. Ictus
  5. Chirurgici
  6. Iperpiressia
  7. Epatopatie croniche
  8. DIGIUNO

L’ormone somatotropo stimola la neoglucogenesi epatica e la biosintesi di corpi chetonici, riducendone l’utilizzazione periferica, unitamente al glucosio.

Il cortisolo è un ormone prodotto dal surrene, ed è da tutti considerato simbolo dello stress: quando è prodotto e messo in circolo procura l’aumento di glicemia e grassi nel sangue.

E’ una cosa fisiologica e positiva quando serve ma se lo stress aumenta e/o perdura allora il quadro biochimico muta.

L’adrenalina:

  1. Stimola la glicogenolisi
  2. Stimola la chetogenesi
  3. Stimola la lipolisi
  4. Favorisce la secrezione di glucagone e GH
  5. Riduce direttamente la secrezione insulinica

Pertanto l’effetto biochimico più rilevante dello squilibrio appena citato tra ormoni controinsulari ed insulina è quindi l’aumento dei NEFA ( acidi grassi non esterificati, ne abbiamo già parlato in precedenza nei primi articoli ) a livello plasmatico.

Questo incremento è dannoso perché

  1. Ha effetto proaritmogeno
  2. Ha effetto proaggregante
  3. Altera la membrana cellulare

L’accumulo in circolo dei corpi chetonici si verifica quando la biosintesi epatica degli stessi supera la velocità della loro utilizzazione tissutale ed il loro incremento provoca deplezione dei sistemi tampone, volti a mantenere costante il livello di pH.

Il passaggio da chetosi a chetoacidosi è data da un abbassamento del pH ematico.

Pertanto, alla luce di tutto quanto abbiamo discusso in tutti questi articoli ed anche in questo, si evince che uno dei pilastri fondamentali del metodo kousmine (quello del controllo del pH), anche in questo caso, vede una benefica modifica da quello che era il primitivo digiuno con sola acqua ad un periodo che definiamo a forte restrizione calorica e che viene fatto utilizzando estratti di frutta e verdura (in ragione di 1500 cc giorno minimo) e per 7 giorni andando a misurare tre volte al giorno il valore del ph urinario come da schema.

Correzione farmacologica:

  • Ore 6: L’urina è al massimo dell’acidità poiché nella notte viene scomposto il carico di acido.

  • Ore 9: 2-3 ore dopo la colazione, nei soggetti sani, l’urina testata risulta leggermente basica a causa di un leggero flusso di sostanze basiche della colazione. (ovviamente a seconda del tipo di colazione).

  • Ore 12: Poco prima del pranzo il flusso di sostanze basiche diminuisce, il pH è leggermente acido in quanto le sostanze basiche sono state immagazzinate come riserve alcaline o sono state utilizzate.

  • Ore 15: In questo momento ci si deve aspettare il maggior flusso di sostanze basiche, il pH muove chiaramente nel campo alcalino.

  • Ore 18: Poco prima della cena il pH, nei soggetti sani, è leggermente acido.

Se ipotizziamo un valore di 5.8 del pH del mattino,

di 6.8 del pH del mezzogiorno,

di 6.0 del pH della sera,

l’intervento con un alcalinizzante orale sarà volto a normalizzare in modo prioritario i due valori ( mattino e sera ) che appaiono più bassi.

Somministrare circa 4 gr. di alcalinizzante due ore dopo la colazione per tamponare l’effetto acidificante notturno e altri 4 gr. due ore prima della cena. Dopo uno/due giorni di somministrazione ricontrollare i valori del pH e modificare, se serve, il dosaggio dell’alcalinizzante.

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